All’Expo,
all’interno della conferenza “Sicurezza degli alimenti, certezza della salute”
c’era una sessione dedicata all’olio di palma che secondo l’esperto dell’ordine
dei biologi italiani “contiene grassi saturi che presi nella giusta percentuale
forniscono apporto energetico al nostro corpo, mantengono costante la
temperatura corporea e danno il giusto equilibrio alle cellule. E poi, come
tutti gli oli vegetali, quello di palma è privo di colesterolo e viene
utilizzato dai vegani, riconosciuti per la loro dieta salutare. Fino ad adesso
nessun organo preposto alla vigilanza sanitaria italiano e europeo, come il
Ministero della Salute, l’Istituto Superiore di Sanità e l’EFSA ha preso
ufficialmente posizioni contro l’olio di palma”.
Dal punto di vista sociale il discorso sull'impatto dell'olio di
palma è molto complesso, dal momento che la diffusione delle coltivazioni ha prodotto sia
effetti positivi che negativi. Il punto in questione è quello del cosiddetto "land
grabbing", ossia l'appropriazione di terre da parte delle aziende per la
coltivazione delle palme da olio. Il problema è particolarmente sentito in
paesi come l'Indonesia e la Malesia, che insieme garantiscono circa il 90%
della produzione globale di olio di palma.
Inoltre, secondo un report del 2008,
in Indonesia alcuni produttori di olio
di palma avrebbero ottenuto dei terreni con la violenza, o grazie a
promesse (poi non mantenute) di nuovi posti di lavoro e sviluppo del
territorio. Sempre in Indonesia, alcune piantagioni sfruttano il lavoro di
immigrati senza documenti, il che ha fatto nascere motivati sospetti di
sfruttamento.
Le coltivazioni di palma da olio forniscono
però possibilità lavorative in luoghi dove queste sono tradizionalmente scarse,
e secondo svariati report
lo sviluppo di questa attività porta
con sé un miglioramento delle infrastrutture e dei servizi sociali,
insieme ad una riduzione della povertà. Esistono addirittura progetti portati
avanti dalla FAO, come quello nel Kenya
occidentale, che promuovono la coltivazione delle palme da olio come
mezzo per ridurre la povertà, migliorando al contempo le abitudini alimentari
delle popolazioni locali.
L'attività di RSPO
non è sufficiente a risolvere in toto i problemi, ma permette di
identificare le coltivazioni "virtuose", e conseguentemente le
aziende che si servono da questi produttori. E di queste, con buona
pace di Segolene Royal e della sua crociata anti-Nutella, fa parte anche la Ferrero.
La Ferrero è in effetti una delle aziende
più avanzate tra quelle che vendono prodotti direttamente ai consumatori in
merito all'olio di palma", scrivono da Greenpeace.
"In risposta alle richieste dei propri clienti, Ferrero è stata una delle prime aziende ad annunciare una politica per
porre termine all'utilizzo di olio di palma derivante dalla deforestazione.
Inoltre, è stata anche una delle prime società a supportare il Palm Oil Innovation Group,
un'associazione di produttori, aziende e ONG impegnate a proteggere le foreste,
i terreni torbosi e la fauna, così come a prevenire lo sfruttamento di
lavoratori e comunità locali. Infine Ferrero, a differenza di altri, è
trasparente e responsabile in merito ai progressi compiuti nel tenere fede a
questi impegni".
Di conseguenza, non solo non ha senso indicare l'azienda piemontese come una delle
responsabili di deforestazione e di eventuali problemi sociali derivanti
dalla coltivazione delle palme da olio, ma invitare a boicottare i suoi
prodotti significa provare a danneggiare una delle aziende che hanno deciso di
occuparsi del problema per ridurre il proprio impatto sul pianeta.
Gli esperimenti
hanno effettivamente evidenziato un danno prodotto alle cellule dal palmitato,
ma trattandosi di uno studio sperimentale fatto in vitro si può al massimo
parlare di un primo passo in direzione di nuovi studi che possano
chiarire meglio rischi specifici derivanti dall'olio di palma, e non
certo un risultato conclusivo su un'eventuale correlazione tra assunzione di
olio di palma e insorgere del diabete.
Per quanto riguarda i problemi sociali ed
ambientali, questi esistono e non possono né devono essere ignorati. Allo
stesso modo, non devono però essere
trascurati né i vantaggi derivanti dalle coltivazioni di olio di palma per le
popolazioni locali, né l'impegno di quelle aziende "virtuose"
che hanno cercato, anche proattivamente, di migliorare la situazione o
quantomeno di non aggravarla.
Se prendiamo in considerazione l'aspetto
della salute, non c'è nulla che al
momento faccia sospettare l'esistenza di rischi specifici per l'olio di palma.
I problemi derivano da un uso eccessivo, esattamente come capita per altri tipi
di grassi saturi: di conseguenza, come qualsiasi nutrizionista vi
consiglierebbe, il "segreto" è la moderazione. Oggi come oggi, nulla
fa supporre che ingerire grandi quantità di olio di palma sia più dannoso che
fare lo stesso col burro.
Alla luce di quanto
detto, facciamo qui un approfondimento su tale dato, cerchiamo di andare nel
dettaglio sull’Olio ottenuto per estrazione dal seme di Palma e cerchiamo di
dare voce a l’unica fonte davvero attendibile e cioè i dati scientifici che al momento
stanno valutando la situazione e che non si sono espressi in maniera definitiva
sull’argomento. Il Dossier sarà aggiornato periodicamente dando voce anche a
coloro che hanno pareri discordanti sulle notizie negative gettate sull’olio
vegetale tanto discusso.
Agroalimenti e
Dintorni vi augura Buona Lettura….
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